Dopo sei mesi di appertura al pubblico, il padiglione albanese letteralmente chiude le sue porte presso La Biennale di Venezia 2018. Hapësira Zero Space ha cosi chiuso i battenti in grande, con numerosi eventi culminati in un incontro di architettura e un’esibizione di alcuni artisti albanesi dentro il Padiglione Albania.Il Meeting on Architecture, proposto dal Padiglione dell’Albania, è stato concepito come una tavola rotonda dove dialogano con il pubblico presente i curatori dei padiglioni dell’Albania e del Kosovo, Elton Koritari, Jurtin Hajro ed Eliza Hoxha e con la presenza del architetto italiano Pier Paolo Tamburelli e l’artista albanese Albes Fusha. Ha aperto le giornate di chiusura la performance nel Padiglione Albania degli artisti Ardian Isufi, Albes Fusha ed Ervin Bërxolli, chiudendo con un documentario dell’artista Yllka Gjollesha. Riguarda il Meeting on Architecture, i termini del dialogo erano legati alle analogie delle esperienze narrate: entrambi i padiglioni raccontano dei modelli di trasformazione urbana avvenute ad opera dei propri cittadini durante un periodo di crisi politica, economica o sociale. Fil rouge è la modalità con la quale i cittadini hanno aperto le porte delle proprie abitazioni private per farne spazi pubblici, al servizio di tutta la cittadinanza. La trasformazione nella destinazione degli spazi da privato a pubblico ha rappresentato un modello urbano di intervento dal basso, dai profondi risvolti positivi per la qualità della vita della società civile. La Tirana eutopica (termine creato ad hoc per giocare con il termine “utopia” ed il prefisso greco antico “eu”, ossia buono, ben fatto) comunica con una Pristina eterotopica con chiaro intento di proiettare il dibattito aperto oltre i confini della #BiennaleArchitettura2018 #Freespace.
La performance di closing doors fu costruita attraverso gli interventi di tre artisti albanesi, in perfetta armonia con l’installazione del padiglione. Assecondando, in parallelo, il Meeting on Architecture, i tre artisti albanesi realizzano cosi una performance equilibrata e immersiva che dialoga coerentemente con l’istallazione Zero Space. Gli artisti erano poi invitati ad intervenire durante l’incontro dialogando sul tema con il curatore e i presenti in sala. La rosa degli artisti coinvolti è stata volutamente di alto respiro:
Ardian Isufi, preside della Facoltà delle Belle Arti dell’Università delle Arti di Tirana, artista e curatore, presentava per il padiglione albanese 11 sculture urbane in movimento autonomo. Tali opere rappresentano alcuni oggetti visibili negli spazi urbani comuni delle città albanesi. In particolare, l’artista presenterà sculture che ripropongono le piccole barriere e i blocchi utilizzati per delimitare abusivamente o temporaneamente piccoli spazi pubblici, riflettono il rapporto materico e viscerale che i cittadini della capitale hanno con lo spazio condiviso. Similmente alle modalità con le quali era avvenuta l’appropriazione e la privatizzazione degli spazi del piano terra dei rioni popolari di Tirana (leitmotiv del padiglione), i blocchi per parcheggio abusivo diventano metafora mobile dell’involuzione culturale e sociale della gestione privata degli spazi pubblici da parte dei liberi cittadini, senza piani regolatori o controlli a contenimento. Tali oggetti nelle città albanesi spuntano dappertutto, fiorendo come una gramigna urbana che limita ed intralcia gli spazi pubblici. Un’azione che crea un up-grade al fenomeno della privatizzazione degli spazi pubblici del piano-terra cittadino raccontata dal padiglione. L’imbrigliamento degli spazi privati lungo le assi o i vicoli cittadini sfocia in una gestione selvaggia e sregolata degli spazi urbani e delle aree di sosta pubblica a danno conclamato della liberta delle persone. Danno assorbito da una dinamica di controllo sociale degli spazi comuni, arbitrariamente assorbiti in temporanee proprietà private dai cittadini. In una lettura romantica nel quale l’identità di una cittadina di identifica anche con il lato pittoresco che ne contraddistingue la personalità, essi sono ad oggi parte kitch del paesaggio urbano di Tirana. Come improvvisati funghi di cemento, legno o vetro, i blocchi spuntano alla buona, senza preavviso nè permessi, lungo le strade della capitale e delle altre città albanesi. In tal senso, Isufi ne sublima egregiamente il senso più profondo attraverso le sue sculture mobili portate alla performance. Lo spettatore si muoveva libero lungo lo spazio del padiglione impedito dalle sculture in movimento, facendo esperienza diretta, fastidiosa e quindi forte, della limitazione abusiva e selvaggia degli spazi pubblici. Tecnica: Minisculture in resina di altezza massima 20 cm in movimento libero.
Albes Fusha, professore all’Accademia delle Belle Arti di Tirana ed artista, ha portato alla mostra 3 fotografie di grande formato (80×120 cm) dalla forte carica comunicativa. In particolare, le opere scelte dall’artista ritraggono in modo personalissimo ed intenso il senso del incompiuto della società albanese. Un incompiuto che trova le sue fondamenta nella assenza di un coordinamento o di un progetto costruttivo e globalizzante nelle azioni di intervento dei privati sugli spazi pubblici. Un collage di autonome gestioni degli spazi, un tempo pubblici, che si generano senza obiettivi temporali o spaziali. In questo senso, Fusha insiste sul l’assenza di azioni di privatizzazione che vogliano costruire la città del futuro perché implose in una progettualità che guarda solo al presente, all’hic et nunc. Parimenti, l’artista insiste sull’assenza di una coralità condivisa tra chi privatizza autonomamente e talvolta abusivamente, gli spazi che erano pubblici, generando un’assenza di dialogo urbanistico o di coerenza ecologica nella gestione degli spazi comuni. Parimenti le 3 foto diventano iperbole del profondo vuoto di sospensione spazio-temporale che genera il fenomeno presentato nel padiglione albanese. Ad ogni modo, nel lavoro delicato ma forte di Fusha, lo spazio aperto non diventa manifesto di un bazar di colori o di stili miscellanei, ma si esprime come elegante sguardo di un’artista all’assenza di un messaggio propositivo di ampio respiro che rispecchia la forza di una nazione in grande crescita economica. Questa mancanza di consapevolezza dal basso, del singolo cittadino aspetta di essere coordinata dall’alto? Oppure c’è bisogno di imprimere nei cittadini la consapevolezza di essere attori e artisti del proprio spazio privatizzato? Sono molte le domande aperte dalle opere di Fusha ed è impossibile non esserne coinvolti in prima linea. La maestosità delle foto, infatti, permette un’immersione violenta dello spettatore nella realtà della sociatà albanese attraverso delle finestre, scelte ad hoc dal maestro della fotografia balcanico. Tecnica: Fotografie formato 80x120cm supporto in plexiglass.
Ervin Berxolli, docente e giovane artista, esplora il fenomeno Zero Space in modo profondamente immersivo. Il suo intervento al padiglione, infatti, rappresenta una pagina di indagine sulle origini del fenomeno Zero Space nella città di Tirana. Berxolli contribuisce alla performance con un’istallazione autobiografica e multisensoriale composta da 6 fotografie originali estratte dal proprio album di famiglia. Le immagini riportate sono state scattate in occasione di matrimoni che si sono svolti a Tirana negli spazi privati delle abitazioni cittadine. Dal valore antropologico e sociologico notevole, questo sguardo a “dentro le mura”, permette di focalizzare l’attenzione ad un altro importante aspetto del fenomeno Zero Space del quale il padiglione si fa manifesto: durante i matrimoni, gli spazi privati venivano “aperti” alla festa, le porte del privato si aprivano, dunque, trasformando le case in spazi pubblici. Le ridotte dimensioni delle fotografie originali, spingendo il visitatore ad avvicinarsi per metterne a fuoco i contenuti, consentiranno anche una immersione uditiva nel passato, attraverso l’ascolto di suoni e musiche corrispondenti all’epoca della fotografia. Il coinvolgimento inaspettato dello spettatore nella realtà del momento gioioso e di festa rappresenterà un’ulteriore occasione di immersione sensoriale negli aspetti contraddittori e caratterizzanti della gestione dello spazio privato e pubblico in Albania. Tecnica: mista, fotografie 10x15cm, supporto in rame e sistema audio con mini altoparlanti a basso volume collegato alle foto.
Tutti gli artisti coinvolti nelle nostre giornate di chiusura, come quasi tutti quelli coinvolti nel “Hapësira Zero Space”, sono preziosi collaboratori di EJAlbum, in diversi progetti in questi anni. Ti ricordiamo la squadra principale di Padiglione Albania 2018 – La Biennale di Venezia: Committente: Mirela Kumbaro, Ministro di Cultura della Repubblica d’Albania. Partner: Municipalità di Tirana ed il Sindaco Erion Veliaj. Participanti: Varka Arkitekturë, commonsense.studio, Fablab Tirana. Curatore: Elton Koritari, EJAlbum.Un grande team di quasi 100 persone ha lavorato per questo progetto e siamo grati a tutti per questa straordinaria esperienza.
Pronti per aprire altre porte!